Ancona | l'opinione del vice preside della facoltà di economia
I dati economici che sono usciti ultimamente, fotografano una situazione tutt'altro che rosea nella nostra regione. La crisi sta colpendo anche le Marche, una volta considerate fiore all'occhiello nel centro Italia
di Matteo Valeri
I dati economici che sono usciti ultimamente, fotografano una situazione tutt'altro che rosea nella nostra regione. La crisi sta colpendo anche le Marche, una volta considerate fiore all'occhiello nel centro Italia. Per capire meglio questo contesto abbiamo interpellato il professor Stefano Staffolani, vice preside della Facoltà di Economia "Giorgio Fuà" e docente di Economia Politica.
Come si evince dagli ultimi dati la situazione nelle Marche non è affatto rosea. Quando si potrà vedere uno spiraglio in questo contesto?
«La situazione economica internazionale e la persistenza di una certa stabilità nella compagine governativa in Italia rappresentano dei fattori che possono far sperare in una ripresa economica nel nostro paese, che potrebbe iniziare già nel 4° trimestre di quest'anno. Fare previsioni relative alla regione Marche è difficile. La crisi, che ha colpito duramente la regione, in particolare nell'ultimo anno, è una crisi generalizzata ai vari settori produttivi e si è scatenata nelle Marche con un certo ritardo rispetto le altre Regioni Italiane. Questo fa pensare che anche un'eventuale ripresa necessiti di tempi più lunghi per avere effetti positivi sull'attività produttiva della regione. Fare previsioni non è facile, ma, stante il perdurare dei timidi segnali positivi che si intravedono a livello internazionale, nella regione il 2014 dovrebbe portare ad un miglioramento generalizzato nelle prospettive economiche rispetto al 2013. Questo non vuol dire necessariamente un segno positivo nell'andamento della produzione industriale. Mi sembra più probabile che segnali positivi vengano soprattutto dal settore dei servizi».
Mentre a livello nazionale, il tasso di disoccupazione sembra attestarsi su livelli stabili, nella nostra regione continua a salire con la disoccupazione giovanile grossa piaga sociale. Come mai questa differenza?
«Il tasso di disoccupazione marchigiano è sempre stato su livelli più bassi della media nazionale, e continua ad esserlo anche nella situazione odierna (9.5% contro 11.5% nel secondo trimestre del 2013). Anche se è vero che nell'ultima parte del 2012 le Marche hanno visto il tasso di disoccupazione crescere più che nella media italiana, negli primi tre trimestri del 2013 esso è rimasto sostanzialmente stabile sia in Italia che nelle Marche, così come il numero delle persone in cerca di lavoro. Da questo punto di vista, non mi sembra che la situazione marchigiana, pur grave, non sia differente da quella nazionale. Il problema più rilevante mi sembra invece dipendere dal fatto che la produzione, specialmente nell'industria, si è ridotto negli ultimi anni molto di più dell'occupazione: questo fa pensare che, anche per il futuro e anche in caso di debole ripresa produttiva, i livelli occupazionali complessivi difficilmente riprenderanno a crescere. Invece la distribuzione per fasce di età della disoccupazione è fortemente preoccupante. A pagare per la crisi (oltre che quei lavoratori occupati in imprese che hanno licenziato, di solito per chiusura dell'attività produttiva), sono stati soprattutto i giovani. Nelle Marche, ad esempio, tra il 2011 e il 2012, a fronte di un pressochè costante livello occupazionale, il numero di occupati di età compresa tra 15 e 24 anni si è ridotto di 7024 unità, a fronte di un aumento di 6470 unità per i lavoratori con età compresa tra 55 e 64 anni ( Osservatorio Regionale Mercato del Lavoro, rapporto annuale 2013). Il tasso di disoccupazione dei giovani di età compresa tra 15 e 24 anni, quelli che più hanno subito la crisi, continua comunque a restare nelle Marche circa 8 punti percentuali più basso della media italiana. La differenza tra disoccupazione giovanile e "adulta" si spiega facilmente considerando le forme di flessibilità che sono state poste in essere in Italia, basate esclusivamente sull'utilizzo dei contratti di lavoro temporanei e atipici, che sono quelli più facili da chiudere in caso di difficoltà dell'impresa e che hanno interessato soprattutto la popolazione giovanile».
Sabato 5 ottobre 2013